Dallo “Snow Crash” dei computer Apple al Metaverso di un concetto parallelo, emerso quasi 30 fa
«𝑄𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑜 𝑣𝑎 𝑎𝑙 𝑑𝑖𝑎𝑣𝑜𝑙𝑜 𝑒 𝑙𝑎 𝐶𝑃𝑈 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑚𝑖𝑛𝑐𝑖𝑎 𝑎 𝑠𝑝𝑢𝑡𝑎𝑟 𝑓𝑢𝑜𝑟𝑖 𝑏𝑖𝑡 𝑎 𝑐𝑎𝑠𝑜, 𝑖𝑙 𝑟𝑖𝑠𝑢𝑙𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑠𝑢 𝑢𝑛 𝐶𝑜𝑚𝑝𝑢𝑡𝑒𝑟 𝐶𝐿𝐼 è 𝑢𝑛’𝑖𝑛𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑏𝑖𝑙𝑒 𝑠𝑒𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑟𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑖 𝐴𝑆𝐶𝐼𝐼 𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑠𝑖𝑔𝑛𝑖𝑓𝑖𝑐𝑎𝑡𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑡𝑡𝑜 ”𝐴𝑛𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑖𝑛 𝐶𝑖𝑟𝑖𝑙𝑙𝑖𝑐𝑜”. 𝑀𝑎 𝑠𝑢𝑖 𝑀𝑎𝑐𝑂𝑆 𝑖𝑙 𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒𝑚𝑎 è 𝑓𝑎𝑡𝑡𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑣𝑖𝑠𝑢𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑟𝑒 𝑔𝑟𝑎𝑓𝑖𝑐𝑎 𝑒 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑐𝑎𝑟𝑎𝑡𝑡𝑒𝑟𝑖, 𝑝𝑒𝑟𝑐𝑖ò 𝑖𝑛 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑎𝑠𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑐ℎ𝑒𝑟𝑚𝑜 𝑣𝑖𝑒𝑛𝑒 𝑣𝑖𝑠𝑢𝑎𝑙𝑖𝑧𝑧𝑎𝑡𝑎 𝑢𝑛𝑎 𝐵𝑖𝑡𝑚𝑎𝑝, 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑢𝑖𝑡𝑎 𝑠𝑝𝑢𝑡𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑢𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑐ℎ𝑒𝑟𝑚𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑜𝑟𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑚𝑒𝑚𝑜𝑟𝑖𝑎 𝑑𝑒𝑙 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑢𝑡𝑒𝑟. 𝑄𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑖𝑚𝑚𝑎𝑔𝑖𝑛𝑒 𝑎𝑠𝑠𝑜𝑚𝑖𝑔𝑙𝑖𝑎 𝑣𝑎𝑔𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑖 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑑𝑎 𝑖𝑛 𝑢𝑛 𝑡𝑒𝑙𝑒𝑣𝑖𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑟𝑜𝑡𝑡𝑜, 𝑢𝑛 𝑡𝑢𝑟𝑏𝑖𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑢𝑛𝑡𝑖𝑛𝑖 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐ℎ𝑖 𝑒 𝑛𝑒𝑟𝑖, 𝑢𝑛𝑜 ”𝑠𝑛𝑜𝑤 𝑐𝑟𝑎𝑠ℎ”.»
Fonte: Wikipedia
Chi utilizzava computer Apple conosceva la finezza definita Snow Crash, di cui ci parla Wikipedia. E fu proprio la stessa espressione – Snow Crash – a titolare l’omonimo romanzo di fantascienza postcyberpunk dell’autore di narrativa americana, Neal Stephenson, uscito in prima edizione nel 1992. In Snow Crash, Neal fa entrare il suo Hiro in “un luogo immaginario chiamato Metaverso”, una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar.
Un altro assaggio fantascientifico lo abbiamo avuto qualche anno dopo, nel 1999: è di nuovo un prodotto artistico cyberpunk, insignito di 4 Oscar, ad avere un forte impatto culturale. Stiamo parlando di Matrix, il film dei fratelli Wachowski, in cui la matrice utilizzata in campo informativo per associare dati o sistemi di dati tra loro, rappresenta una sorta di cyberspazio, una realtà simulata, creata dalle macchine.
Facciamo un balzo spazio-temporale di circa 20 anni e atterriamo a Menlo Park, California, nella sede di Facebook Inc., che dal 28 Ottobre 2021 ha cambiato ragione d’essere e ragione sociale, diventando Meta Inc. Ad avere così tanta risonanza in un contesto che normalmente sarebbe stato – semplificando - di “rebranding”, è l’annuncio del Fondatore del terzo sito più visitato al mondo, di avviare un progetto chiamato proprio “Metaverso”.
Il Metaverso non è un prodotto e nemmeno una tecnologia. È il futuro di Internet.
Mark Zuckerberg ci fa presente un processo di convergenza digitale, iniziata sul finire del secolo scorso. Metaverso ci narra di spazi virtuali, popolati da avatar, anzi proprio attraversati, rappresentando in tal senso un’evoluzione della realtà virtuale.
E le navi?
Ehi, no un attimo, non è ancora il momento delle navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, quella è un’altra storia. Torniamo a noi, torniamo al presente che getta le basi di un futuro di cui cerchiamo di capire il verso.
Non possiamo parlare di futuro senza comprendere il presente e non possiamo comprendere il presente senza sapere quali sono gli attori che lo compongono.
Il cambiamento è logaritmico, cioè evolve in maniera esponenziale che richiede da parte nostra una notevole capacità di adattamento, non obbligatoria, ma necessaria, per riuscire a sfruttare le opportunità e scansare i rischi che un futuro liquido e dinamico come quello che ci aspetta. Il mondo è cambiato più negli ultimi 20 anni che nei precedenti 100, più negli ultimi 10 anni che nei precedenti 50, più negli ultimi 3 che nei precedenti 10. Il mondo è cambiato, ma mantiene, anzi “esaspera” un denominatore comune: quello del “sentire” del fare “esperienza diretta”.
Il Metaverso si sviluppa nel digitale, la sua materia è composta dai dati e dalle informazioni. È una struttura spazio-temporale, una realtà virtuale creata e alimentata dalle reti globali di comunicazione, in cui esistono lunghezza, larghezza e profondità e in cui diventa centrale la “experience” digitale, appunto.
Se le competenze digitali, “una volta”, facevano riferimento all’uso avanzato di programmi di calcolo e video scrittura, oggi diventa mandatorio saper gestire una piattaforma di realtà virtuale. La convergenza di Ubuquitous Computing – ubiquità informatica grazie ai devices mobili - e cloud computing – raccolta, accesso e conservazione dei dati – ha consentito la creazione di ambienti virtuali di spazi reali.
Siamo osservatori privilegiati anche di questo passaggio epico nel processo di trasformazione digitale. Chissà se adotteremo il paradigma del Metaverso così come abbiamo adottato quello del web qualche “secolo informatico fa”.
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