Parliamo di smart working. Ancora?! Ok, va bene. Ci sono almeno 10,000 libri pubblicati in lingua inglese, su questo tema. Eppure in questo 2020 siamo stati messi alla prova, e l’esperimento va avanti, per cui c’e ancora spazio per condividere cosa ha funzionato e cosa va cambiato.
Ecco le nostre esperienze.
In SPOT. lavoriamo in smartworking da 3 anni. Questo ci ha dato un notevole vantaggio a inizio lockdown, poiché avevamo già processi e sistemi consolidati. Di fatto, ognuno di noi lavorava da casa solo un giorno alla settimana, quindi l’ 80% del gruppo era, all’epoca, sempre presente in ufficio. Passare da qui al 100% in smart working ha implicato qualche sfida. Vediamole insieme.
Comunicazione
Tendenzialmente lavoriamo a stretta collaborazione con gli sviluppatori in organico presso i nostri clienti, e mantenere il servizio per loro ha continuato a essere una priorità. Ma siccome di solito comunichiamo tramite video, call oppure strumenti online come Slack, abbiamo solo dovuto eliminare l’aggiornamento periodico di persona.
L’infrastruttura era già pronta, e ci siamo assicurati che tutti i nostri collaboratori avessero hardware necessario per lavorare da casa. Per gli aspetti di project management e assegnazioni usiamo già da tempo strumenti online, utili anche per comunicare tra di noi. Anche qui, quindi, non è cambiato molto il nostro modo di lavorare.
Fuori della nostra azienda, ci siamo trovati in una situazione molto fluida, un po’ come tutti. Restrizioni, regole e norme cambiavano spesso. Alcuni clienti hanno fermato la produzione, altri hanno sospeso i progetti. Maurizio, il nostro Managing Director, ci ha tenuto sempre aggiornati anche in merito. Abbiamo impostato anche le video chiamate bisettimanali con tutto il gruppo: ‘meeting’ brevi (circa 30-40 minuti), in cui tutti abbiamo avuto la possibilità di salutarci e di condividere i progetti in essere. Questo sicuramente ci ha aiutato nel sentirci connessi, non solo alla rete.
E questo come ve lo raccontiamo? Con il suo nome: l’intangibile
L’identità aziendale e una cosa importante per noi. Non solo il brand, ma anche la cultura interna. Ognuno di noi lavora direttamente con i clienti, e vediamo la nostra cultura aziendale come l’ingrediente segreto per una collaborazione di successo. E’ molto importante che i nuovi arrivati, ad esempio, si integrino facilmente e rapidamente, ma abbiamo limitato la presenza in ufficio e questo è diventato subito più difficile.
Un esempio semplice è come rispondiamo al telefono. Quando lavoriamo tutti in ufficio, le “new entries” sentono i colleghi quando prendono le chiamate. Ci mettono davvero poco per comprendere lo stile: come parlare al cliente, qual è il linguaggio corretto, e, perfino, il tono di voce giusto. Un altro esempio è il lavoro in team. Quali sono le aspettative, come e quando prendere l’iniziativa e quando chiedere aiuto, come scoprire la persona giusta a cui chiedere aiuto. Quando lavoriamo nella stessa stanza quest’informazione si trasmette per osmosi, invece da soli a casa le cose non sono facili da decifrare.
E quindi? Chessifa?? Attualmente siamo al 30% in ufficio, con un foglio per prenotare con anticipo la postazione di lavoro e garantire distanziamento e buon vivere. Il gruppo di progetto può concordare il giorno per lavorare in presenza, che vuol dire che ogni junior riceve un giorno di coaching da uno sviluppatore o sviluppatrice senior, ogni settimana.
E poi? Se l’Italia dovesse passare a un lockdown più restrittivo, dovremo rivalutare il programma. Ancora una volta… tanta flessibilità, ascolto e work in progress (Ogni suggerimento è sempre ben accetto).
Gestione risorse
Il cigno nero c’e sempre. Per noi, è stata la gestione delle risorse. Al momento di transizione al lavoro 100% in remoto, i team leaders erano estremamente focalizzati nel rispondere ai requisiti dei clienti e mantenere la propria produttività.
Abbiamo impiegato un po’ di tempo per capire che alcuni collaboratori più junior avevano bisogno di un maggiore coinvolgimento. Non stavano certo con le mani in mano, da noi funziona sempre che chi non lavora per un cliente specifico, si dedica alla formazione oppure a un progetto interno (la nostra app in-house per tracciare le attività è fantastica!!).
Un’altra cosa. Avevamo appena trovato un bug nei nostri processi agili. I nostri gruppi di progetto lavorano in maniera molto autonoma, formandosi e riformandosi secondo i bisogni dei clienti. Ci siamo resi conto di guardare nella direzione opposta. Una volta scoperto, eccolo sanato. I team leader hanno focalizzato immediatamente il da farsi: le loro/nostre risorse.
Cosa ha funzionato (o non funzionato) per voi? Ci piacerebbe sapere!
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